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Laura Galvani

Granchio blu: cosa succede quando ingegneria e biologia marina collaborano

“Granchio blu, la terza invasione! Puoi solo dichiarare guerra a questi mostri!” declamava Andrea Pennacchi lo scorso 18 settembre all’Orto Botanico di Padova, nel suo studio per uno spettacolo intitolato “Alieni in Laguna”. Com’è noto, il granchio blu (Callinectes sapidus) è una specie invasiva legata ai cambiamenti ambientali e climatici che minaccia la biodiversità marina e la pesca, in particolare nel Nord Adriatico. L’emergenza granchio blu è un problema complesso, che richiede un approccio transdisciplinare. Un esempio virtuoso di questo tipo di collaborazione nasce dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) dell’Università di Padova, che unisce, in un lavoro sinergico, l’ingegneria dei sistemi di controllo e la biologia. Come racconta il Prof. Mirco Rampazzo (DEI – Unipd), l’idea di una collaborazione con il Dipartimento di Biologia è nata grazie a una studentessa di Control Systems Engineering. La studentessa era fortemente interessata all’ecologia delle popolazioni (come crescono, si riproducono e mutano), un argomento  che in passato era parte del programma dell’insegnamento di sistemi ecologici tenuto al DEI dai Proff. Giovanni Marchesini ed Ettore Fornasini. Per darle la possibilità di approfondire il tema, Rampazzo l’ha messa in contatto con il Prof. Alberto Barausse (Dipartimento di Biologia, DiBio – Unipd), un ingegnere ambientale specializzato in ecologia acquatica applicata e direttamente coinvolto negli studi sul granchio blu. Il granchio blu è diventato così il soggetto centrale della tesi di Caterina Nespolo, con l’obiettivo di descrivere le dinamiche della specie (nascita, crescita e distribuzione) applicando gli strumenti tipici dell’ingegneria: i modelli matematici, in particolare i sistemi dinamici, e le simulazioni numeriche. Come spiega Mirco Rampazzo, l’utilizzo di modelli matematici permette di rappresentare in modo astratto il mondo reale, che è intrinsecamente complesso, ovvero di tradurre le molteplici interazioni ecologiche in uno scenario semplificato, in equazioni, per comprendere la dinamica della popolazione, il suo andamento, come si distribuisce spazialmente, se ci sono situazioni di equilibrio stabili o instabili e quali siano le interconnessioni fra cause ed effetti. Grazie ai modelli matematici è dunque possibile fare previsioni sull’andamento futuro del granchio blu. I modelli e le simulazioni possono così contribuire a supportare le decisioni di gestione, valutando in anticipo l’impatto di diverse azioni (ad esempio, quanto intensamente pescare) sugli equilibri dell’ecosistema. Affinché i modelli siano affidabili, è necessario avere a disposizione molti dati. Il gruppo dei proff. Alberto Barausse e Carlotta Mazzoldi sta raccogliendo dati sul granchio blu, grazie anche a progetti finanziati dalla Fondazione Cariparo e dal FEAMPA (Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura) e sta sviluppando strumenti modellistici ai fini previsionali. La raccolta dati si svolge sia sul campo, in particolar modo nelle lagune del Delta del Po, Venezia, Caorle, sia in laboratorio. Osservatori dell’Università di Padova, assieme ai pescatori locali, misurano, pesano e verificano il sesso dei granchi catturati in trappole e reti. Nello stesso tempo, si registrano le condizioni ambientali, in particolare temperatura e salinità, ritenute fondamentali per comprendere la distribuzione del granchio blu. In laboratorio (nella Stazione Idrobiologica “Umberto D’Ancona” a Chioggia,, struttura dell’università di Padova fondata negli anni Quaranta del secolo scorso), si effettuano invece esperimenti controllati in acquario, per misurare la tolleranza e la reazione fisiologica del granchio a diverse combinazioni di temperatura e salinità.     Recovered_probe Probe_in_field Nassa Biometric_measurements Crab_with_HR_sensor   Questi dati sono fondamentali perché il granchio blu è una specie plastica: la sua fisiologia si adatta a seconda delle condizioni ambientali locali. I dati raccolti negli Stati Uniti, dove ci sono molti studi sull’argomento, non sono estrapolabili ai granchi blu del nostro territorio: per poter fare previsioni affidabili nell’Adriatico dobbiamo lavorare sui nostri dati. In realtà, servirebbero anni di misurazioni, sottolinea Barausse, ma siccome non possiamo dedicare anni a raccogliere dati, visto che vi è un’emergenza in corso, usiamo lo spazio per sopperire alla mancanza di tempo, ovvero monitoriamo tanti punti diversi per verificare l’effetto della salinità e della temperatura sul granchio blu. Per contrastare l’invasione del granchio blu nell’Adriatico si sono uniti in uno sforzo congiunto Presidenza del Consiglio, Ministeri, Università ed enti di ricerca scientifica, rappresentanze di categoria, sotto il coordinamento di un Commissario Straordinario, Enrico Caterino. Oggi chi deve prendere le decisioni per gestire “l’emergenza granchio blu” è di fronte a una scelta complessa.  Da una parte si pensa al prelievo mirato e al contenimento. Dall’altra si pensa a uno sfruttamento sostenibile. Se si andasse in questa seconda direzione si tratterebbe di accettare, dunque, la presenza della specie nel breve e medio termine e sviluppare una filiera economica. Oltre allo sfruttamento in ambito alimentare, si stanno studiando utilizzi alternativi del granchio blu, come la produzione di ammendanti, biogas o l’estrazione di chitosano (NdR: un polisaccaride che sembrerebbe efficace nel ridurre l’assorbimento intestinale di colesterolo e trigliceridi). Questa scelta richiederebbe pertanto una gestione sostenibile del granchio blu, per mantenere la risorsa a lungo termine nelle nuove filiere. Dunque, è a livello di modelli che il DEI può apportare un contributo cruciale in entrambi questi contesti. L’obiettivo è duplice. In primo luogo, i modelli servono per analizzare la situazione attuale in modo da individuare gli stadi vitali più critici (come le femmine con le uova in riproduzione) e calcolare con precisione quanto pescare per ridurre al massimo la popolazione. In secondo luogo, questi strumenti sono essenziali per prevedere gli scenari futuri, garantendo così il mantenimento della risorsa “granchio blu” per un suo sfruttamento sostenibile. L’auspicio è che questa collaborazione transdisciplianre  tra Ingegneria dei Controlli e Biologia, che applica un approccio integrato e modelli previsionali per affrontare un problema così articolato, possa aiutare i decisori (come governi e organi legislativi) a compiere le scelte più sostenibili.   Approfondimenti:Granchio Blu. Nuovo progetto pilota da 1,5 milioniBlue crab action plan, nuovo progetto per mappare il granchio blu Focus ARPA VenetoGranchio blu: la Fondazione in campo per salvare l’ecosistema marino Specie aliene nella laguna di Venezia: non solo il granchio blu  

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Best Paper Award alla Conferenza ESREF 2025

Riccardo Fraccaroli, PhD, insieme a tutti gli altri co-autori, ha vinto il best paper award per l’articolo “Field driven failure mechanism on 100V p-GaN HEMT with gate metal retraction”, presentato alla conferenza ESREF 2025, che si à tenuta a Bordeaux (Francia) dal 6 al 9 ottobre 2025.   Gli autori attualmente presenti all’interno del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) sono i seguenti: Riccardo Fraccaroli, Matteo Dell’Andrea, Simone Longato, Manuel Fregolent, Isabella Rossetto, Carlo De Santi, Gaudenzio Meneghesso, Enrico Zanoni, Matteo Meneghini.

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Best poster award per Mattia Tamiazzo

Lo studente borsista Mattia Tamiazzo ha ricevuto il premio “Best poster award for application-oriented impact” alla IEEE – EURASIP Summer School on Signal Processing (S3P 2025) che siè tenuta a San Vincenzo (LI), dal 21 al 26 settembre 2025, per il lavoro “TeLL-Me What You Can’t See: A Vision-Language Framework for Forensic Mugshot Augmentation”, autori: S. Cavasin, P. Biasetton, M. Tamiazzo, S. Milani, M. Conti.

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Padova sede della 1st IFAC Joint Conference on Computers, Cognition and Communication 2025 su Automazione, Intelligenza Artificiale e Robotica

Dal 15 al 18 settembre 2025, Padova ha ospitato la prima edizione della IFAC Joint Conference on Computers, Cognition and Communication (J3C 2025). Questo nuovo e importante evento internazionale è nato con l’obiettivo di promuovere la ricerca e la collaborazione sui sistemi complessi di controllo e automazione, focalizzandosi in particolare su controllo e intelligenza artificiale, soluzioni di sistemi di rete e ciberspazio-fisici, e moderni approcci all’automazione di processi complessi. Organizzata con la collaborazione del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) e di Fondazione UniSMART, questa edizione inaugurale ha visto il Prof. Gian Antonio Susto ricoprire il ruolo di General Chair. La proposta di candidatura è stata un successo per Padova, che nel 2023, durante l’IFAC World Congress di Tokyo, ha superato la concorrenza di Singapore grazie all’iniziativa del Prof. Gian Antonio Susto, coordinatore dell’AMCO Lab (Artificial Intelligence, Machine Learning & Control) dell’Università di Padova. Promossa dalla storica e autorevole International Federation of Automatic Control (IFAC), la conferenza ha riunito circa 250 scienziati, ricercatori e leader industriali provenienti da 40 paesi di tutti i continenti. L’espressione “Joint Conference” deriva dal raggruppamento di tre sotto-eventi in un’unica, grande manifestazione: i consolidati eventi triennali ‘Symposium on Telematics Applications’ (TA) e ‘ Conference on Intelligent Control and Automation Sciences’ (ICONS), giunti alla settima edizione, più il nuovo evento ‘Workshop on Engineering and Architectures of Automation Systems’ (EAAS). Questa scelta strategica non solo ha aumentato la partecipazione e la risonanza internazionale, ma ha anche portato un significativo beneficio in termini di sostenibilità ambientale (riduzione degli spostamenti e dei viaggi aerei). Le quattro giornate di J3C 2025 si sono tenute presso il Centro Culturale San Gaetano, offrendo un ricco programma di presentazioni scientifiche, sessioni tematiche e momenti di networking. I tre sotto-eventi, pur uniti da un unico filo conduttore, si sono concentrati su aree distinte: ICONS: incentrato su computazione d’avanguardia, algoritmi, modelli complessi, intelligenza artificiale, reti neurali, deep learning e approcci data-driven; TA: focalizzato sulle decisioni automatiche in contesti smart city o distribuiti, come l’IoT; EEAS: dedicato ai sistemi di controllo e automazione (per l’industria e le automobili), all’Industria 5.0, alla robotica collaborativa e alle architetture di fabbrica. La cerimonia di apertura ha visto gli interventi istituzionali di Margherita Cera, assessore del Comune di Padova con deleghe, tra le altre, all’Innovazione e alla Transizione Digitale, e Gaudenzio Meneghesso, Direttore del DEI. Il momento clou della conferenza si è svolto nel pomeriggio del 17 settembre nell’Aula Magna del Bo, dove sono stati celebrati i migliori giovani ricercatori. L’evento ha incluso anche un panel strategico sul futuro dell’ingegneria e sulle attività dell’IFAC, con la partecipazione dei tre presidenti IFAC (un past president Frank Allgöwer, l’attuale, Dongil “Dan” Cho e il futuro presidente, Maria Prandini), culminando con la premiazione dei contributi più innovativi e di impatto. La prossima edizione di J3C è in programma per il 2028 e l’assegnazione della sede avverrà in Corea l’anno prossimo, durante l’IFAC World Congress, l’evento principale dell’organizzazione che si tiene ogni tre anni.

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Workshop AIMS 5.0 DeepTech

Nei giorni 18-19 settembre si è riunito il Team Europeo 5.0 in occasione del Workshop AIMS 5.0 DeepTech, tenuto nel contesto dell’IFAC J3C – IFAC Joint Conference on Computers, Cognition and Communication e co-organizzato dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI). AIMS50 è una delle principali iniziative dell’UE sull’intelligenza artificiale per la Produzione Sostenibile e l’Industria 5.0, giunta al terzo anno, che vede la partecipazione di 53 partners di 12 nazioni. Tra i partecipanti al workshop, leader europei del settore, erano presenti Infineon Technologies e LFoundry. Le due giornate sono state un’entusiasmante opportunità per condividere i progressi di una ventina di casi d’uso, allineare le strategie per massimizzare l’impatto e la visibilità, rafforzare la collaborazione tra partner di ricerca e industriali. In particolare, nel progetto, il gruppo di ricerca dell’Università di Padova, guidato dal Prof. Gian Antonio Susto, coordinatore dell’AMCO Lab (Artificial Intelligence, Machine Learning & Control), sta sviluppando soluzioni di riconoscimento di anomalie in grado di identificare difetti e fenomeni di degrado nei processi produttivi industriali, anche in assenza di dati supervisionati. Le metodologie sviluppate rientrano inoltre nell’ambito della eXplainable Artificial Intelligence (XAI), un settore di ricerca che mira a fornire spiegazioni comprensibili per le soluzioni di Intelligenza Artificiale di tipo black-box, rendendo i suggerimenti e le stime di tali tecnologie più trasparenti, affidabili e facilmente traducibili in azioni da parte degli utenti.

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“GTTI PhD award for PhD Theses in the field of Communication Technologies” per Laura Crosara

Durante la riunione nazionale annuale dell’Associazione Gruppo Telecomunicazioni e Tecnologie dell’Informazione” (GTTI), formato dai docenti e dai ricercatori che operano nel settore delle telecomunicazioni e, più in generale, nell’area dell’ICT – Information and Communication Technology – presso le Università italiane, la dottoressa di ricerca Laura Crosara è stata premiata come vincitrice del “GTTI PhD award for PhD Theses in the field of Communication Technologies” per la sua tesi di dottorato “Physical Layer Techniques for the Protection of Positioning Signals and Communication Systems”. Il premio viene assegnato annualmente alle tre migliori tesi di dottorato nell’ambito delle Telecomunicazioni, discusse in istituzioni italiane nell’anno appena trascorso, a giudizio di una commissione di docenti del settore.

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Navigazione Autonoma nella laguna veneta: un traghetto a guida intelligente

Negli ultimi anni, un settore di ricerca in forte crescita è quello dei veicoli marini a guida autonoma. Si tratta di imbarcazioni capaci di navigare e operare senza la necessità di un equipaggio a bordo. Nel Nord Europa, ad esempio, ve ne sono già in funzione. Questo è possibile grazie all’uso di sistemi di intelligenza artificiale e tecnologie di controllo remoto che permettono alle imbarcazioni di percepire l’ambiente circostante, pianificare la rotta e prendere decisioni autonome durante la navigazione. I traghetti a guida autonoma sono al centro della ricerca di Damiano Varagnolo, professore di Automatica presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI). Da circa sette anni, il Professor Varagnolo si dedica all’Automazione Marina. Ma perché proprio i traghetti autonomi? «Pensiamo alle isole della laguna veneta; Venezia, Burano, Chioggia, per esempio: la conformazione di queste città non permette a chi è in carrozzina di muoversi agevolmente in città da una parte all’altra dei canali. – spiega Varagnolo – Una tecnologia che potrebbe aiutare queste persone è quella di versioni in miniatura di traghetti a guida autonoma». Questo progetto, partito con l’idea di migliorare l’accessibilità al territorio per le persone con disabilità, si sta evolvendo verso un insieme eterogeneo di applicazioni. Il traghetto a guida autonoma può essere utilizzato, infatti, per il monitoraggio dei fondali lagunari, rilevando flora e fauna, o per la mappatura di reperti archeologici (per esempio le antiche saline romane nel sud della laguna). Inoltre, le imbarcazioni a guida autonoma possono offrire supporto per la trasmissione dei dati raccolti da sensori subacquei che monitorano parametri come salinità, temperatura e ossigeno. «Questo è un progetto che porto avanti anche in Norvegia, presso il Department of Engineering Cybernetics, NTNU – Norwegian University of Science and Technology, – aggiunge Varagnolo – ma è anche un progetto studentesco del gruppo ‘Nautilus’, formato da studenti di ingegneria dell’ateneo che lavorano in collaborazione con il laboratorio SIGNET». Il progetto studentesco, avviato ufficialmente a gennaio di quest’anno, coinvolge una trentina di studenti dei corsi di laurea magistrale in “Control System Engineering” e di laurea triennale in “Ingegneria Informatica”. «Inizialmente, il gruppo si era concentrato sul prototipo di un piccolo sottomarino a guida autonoma, – racconta Varagnolo – ma poi si è deciso di proseguire la ricerca e la sperimentazione (sia sul campo sia in ambienti di simulazione) con una soluzione di superficie». Quale potrebbe essere l’evoluzione di questo progetto? «A breve termine, – prosegue Varagnolo – spero che un gruppo di studenti continui a lavorarci anche dopo la magistrale, magari creando uno spin-off che aiuti la gestione degli allevamenti in laguna, come quello dei ‘caparòssoli’ (NdR: le vongole veraci, in dialetto veneto), un’attività che ad oggi è poco automatizzata. A lungo termine – conclude Varagnolo – penso a un ‘joint student project’ tra scuole superiori e università, in cui gli studenti delle superiori si occupino dell’hardware, mentre gli studenti del DEI si concentrino sull’elettronica avanzata. L’obiettivo è arrivare, tra 4-5 anni, ad avere una piccola imbarcazione a guida autonoma per due persone (accompagnatore e carrozzina), che inizialmente colleghi le due estremità di Chioggia, Santa Maria e Vigo, ma che si possa estendere anche a Venezia o ai fiumi». Un obiettivo ambizioso, che potrebbe rientrare nella Terza Missione dell’università, e che senza dubbio sarebbe di grande rilevanza inclusiva: «Un mio grande desiderio – confida infine Varagnolo – sarebbe quello di riuscire, un giorno, a portare mio papà, che è disabile, su uno di questi traghetti».

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La ricerca sull’elettronica organica avanza. Il progetto ERC di Giorgio Ernesto Bonacchini al DEI: MiMETIC

Quando pensiamo all’elettronica, immaginiamo dispositivi tecnologici il cui funzionamento dipende da materiali inorganici come il silicio, i metalli o, per chi ne sa qualcosa in più, anche il nitruro di gallio, tutti materiali inorganici. Esiste però un’elettronica diversa, un’elettronica che implementa polimeri o piccole molecole principalmente a base di carbonio e idrogeno: l’elettronica organica. Grazie a questa diversa composizione, l’elettronica basata sui materiali organici presenta caratteristiche uniche di flessibilità meccanica e biocompatibilità, nonché di sostenibilità economica ed ambientale.Questo tipo di tecnologia viene principalmente utilizzata per dispositivi elettronici a bassa frequenza, come i biosensori, e nei dispositivi optoelettronici, come gli OLED (schermi di televisori e cellulari), e ha però sempre avuto un limite: la sua lentezza. Questo la rende inadatta per le telecomunicazioni e altre applicazioni ad alta frequenza. Si parla, infatti, di un gap significativo nello spettro elettromagnetico. Questo gap rappresenta una missed opportunity, un’occasione mancata per l’elettronica organica che, ad oggi, non viene utilizzata in settori dove le microonde e le alte frequenze sono fondamentali, come radar, telecomunicazioni, imaging biomedicale, per la sicurezza (per esempio, scanner aeroportuali) e per la caratterizzazione dei materiali a livello industriale. Proprio con l’intenzione di iniziare a colmare questo gap scientifico e tecnologico, nasce MiMETIC (Microwave Metadevices based on Electrically Tunable organic Ion-electron Conductors), il progetto di ricerca premiato con un ERC da oltre due milioni di euro al suo principal investigator, il prof. Giorgio Ernesto Bonacchini. Con MiMETIC, il prof. Bonacchini propone una soluzione per superare questo limite: accoppiare i materiali elettronici organici ad antenne e/o matrici di antenne (note anche come metasuperfici) operanti nelle microonde o nei terahertz, al fine di poterne controllare le proprietà elettromagnetiche in tempo reale. Questo approccio, finora inesplorato, permette per esempio di realizzare “specchi” o “lenti” per le microonde le cui caratteristiche di riflessione e/o rifrazione possono essere sintonizzate e corrette a seconda delle esigenze, permettendo quindi la manipolazione e il controllo delle onde elettromagnetiche con estrema precisione. Rispetto ad altre tecnologie con finalità simili, i materiali organici offrono dei vantaggi tecnologici che trascendono le semplici performance elettriche. Visto che i materiali conduttori e semiconduttori organici sono costituiti da molecole e polimeri a base di carbonio simili alle plastiche convenzionali, questi possono quindi essere facilmente disciolti allo stato liquido e processati come veri e propri inchiostri funzionali, sfruttando una svariata gamma di tecniche di stampa industriale, come la stampa a getto di inchiostro, la serigrafia e flexografia. I vantaggi di questo approccio sono molteplici poiché offrono flessibilità, bassi costi di produzione e processi a temperature inferiori ai 200 gradi Celsius, con i relativi benefici di sostenibilità economica e ambientale che ne derivano. Inoltre, come per la stampa tradizionale, questi processi permettono la realizzazione di elettronica su superfici di grande estensione e a grandi velocità di produzione, potenzialmente decine di metri al minuto, su supporti planari di vario tipo, inclusi i laminati plastici sottili e trasparenti tipicamente utilizzati per il packaging, o addirittura su carta. Questi “formati” di dispositivo, che ad oggi non possono essere implementati con altre tecnologie, aprono la strada a una serie di applicazioni innovative e poco esplorate. Ad esempio, in futuro potremmo realizzare metasuperfici meccanicamente flessibili di diversi metri quadrati, stampate su vestiario o su veicoli come aerei e automobili, per aumentarne la capacità di comunicazione, o persino per creare “mantelli dell’invisibilità” nelle microonde. Questi oggetti potrebbero abilitare una comunicazione più efficiente tra i nostri smartphone e i dispositivi indossabili, come ad esempio smartwatch, smartglasses o altri sensori ambientali, incanalando o focalizzando le microonde lungo direzioni preferenziali e riducendo, quindi, sia il dispendio energetico sia l’esposizione del corpo a onde elettromagnetiche. Questo tipo di applicazioni potrebbe essere di grande interesse anche per applicazioni in ambito di logistica, monitoraggio ambientale e agritech. Un’altra applicazione promettente che potremmo vedere realizzata è quella delle interfacce bioelettroniche. I materiali elettronici organici, per via della loro composizione chimica a base carbonio relativamente simile a quella dei tessuti viventi biologici, sono infatti delle ottime interfacce bioelettroniche in grado di trasdurre segnali biologici in segnali elettronici. Sensori basati su metasuperfici organiche a contatto con la pelle o all’interno del corpo potrebbero quindi essere sfruttati per rilevare biosegnali e diffonderli a distanza, senza richiedere alimentazione elettrica e complessi circuiti ad alta frequenza, riducendo drasticamente complessità, l’invasività e costi rispetto alle tecnologie convenzionali. Al di là delle possibili applicazioni che propone questo progetto, l’obiettivo più ad ampio respiro di MiMETIC è anche quello di avvicinare due comunità scientifiche: quella dei metadispositivi ottici/microonde e quella dell’elettronica organica, per esplorare le loro intersezioni e promuovere nuove scoperte e applicazioni. Note di approfondimento (in inglese): Il progetto è su Cordis il sito del servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo. Articolo su Springer Nature /Research Communities. Articolo su Techxplore.

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Il contributo del DEI all’Alleanza Quantistica Italiana

Questo mese vi è stato l’annuncio della nascita dell’Alleanza Quantistica Italiana (AQI), un’intesa nazionale che unisce università, istituti di ricerca, industrie e istituzioni pubbliche con l’obiettivo di creare un ecosistema unitario e competitivo a livello internazionale, promuovendo l’eccellenza italiana nelle tecnologie quantistiche.  L’AQI, in linea con la Strategia europea e la Strategia Italiana per le Scienze e Tecnologie Quantistiche, include attualmente otto partner: Università di Bologna, CINECA, INRIM, Università di Padova (con il nostro Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione in prima linea), INAF, INFN, Università di Pavia e Politecnico di Milano. Per il DEI sono coinvolti i professori Paolo Villoresi e Giuseppe Vallone. Quest’ultimo ci ha comunicato quanto segue, che volentieri pubblichiamo: «Il gruppo QuantumFuture del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova è da più di vent’anni attivo nel campo delle comunicazioni quantistiche. Lo scambio di fotoni, le particelle di luce, è alla base della Quantum Key Distribution (QKD), una tecnica che permette di scambiare chiavi segrete la cui sicurezza è garantita da leggi fisiche: le particelle quantistiche, se misurate, vengono alterate ed è possibile, in questo modo, capire se un hacker stia cercando di ottenere le informazioni che sono codificate sui fotoni.  Le applicazioni nel campo della cybersicurezza sono molteplici: dalla protezione delle transazioni commerciali, alle comunicazioni diplomatiche, passando per la tutela della privacy di tutti i cittadini. L’importanza strategica di questa tecnologia e delle comunicazioni quantistiche è stata riconosciuta a livello europeo come uno dei pilastri dello sviluppo guidato dall’European Quantum Flagship. Il gruppo QuantumFuture ha proposto e realizzato nuovi dispositivi e protocolli per le comunicazioni quantistiche e i generatori di numeri casuali con tecniche quantistiche e realizzato i primi esperimenti di scambio di fotoni tra terra e satellite, necessari per l’estensione di un network di comunicazioni quantistiche a distanze superiori al centinaio di chilometri, impossibili su fibra ottica a causa delle elevate perdite».  

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Best Paper Award 2025 di “Sensors” per Alessandro Pozzebon e Giacomo Peruzzi

Alessandro Pozzebon, Giacomo Peruzzi (UNIPD/DEI) e Mattia Van Der Meer (UNISI) hanno ricevuto il Best Paper Award 2025 di “Sensors” per il paper “Fight fire with fire: detecting forest fires with embedded machine learning models dealing with audio and images on low power IoT devices“. “Sensors” è una rivista internazionale, sottoposta a revisione paritaria e ad accesso aperto, dedicata alla scienza e alla tecnologia dei sensori. Il premio “Sensors Best Paper Award” viene assegnato ogni anno per premiare pubblicazioni di alta qualità, rilevanza scientifica e ampia influenza. I membri del comitato di valutazione scelgono quattro articoli di qualità eccezionale pubblicati sulla rivista l’anno precedente e li annunciano online entro la fine di giugno.

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