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Paolo Villoresi e VENQCI, la prima rete di comunicazione quantistica tutta veneta

Un’infrastruttura strategica per il futuro digitale del Veneto: sviluppata da Regione, CAV e il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova, la rete è già operativa e pronta per l’interconnessione nazionale e internazionale. “VenQCI rappresenta un esempio concreto della nostra Agenda Digitale: un progetto che guarda al futuro, ma risponde anche ai bisogni di oggi del territorio. È frutto di una straordinaria collaborazione tra istituzioni, come la Regione, l’Università di Padova e CAV, ognuna con le proprie competenze, e valorizza l’eccellenza scientifica veneta. Nonostante le difficoltà di finanziamento iniziali, siamo orgogliosi di aver portato avanti questa infrastruttura strategica, già operativa, aperta a nuove adesioni e pronta a dialogare con le reti quantistiche nazionali e internazionali. È una scommessa vinta sul futuro e che pone nuovamente il Veneto tra le regioni apripista in progetti a valenza europea”. Con queste parole l’assessore al Bilancio della Regione del Veneto con delega all’Agenda Digitale, è intervenuto alla presentazione ufficiale dell’infrastruttura quantististica VenQCI, che si è tenuta oggi presso la sede di CAV, alla presenza dell’Amministratore Delegato di CAV, Maria Rosaria Anna Campitelli, della Presidente di VSIX, Eleonora Di Maria, e del professore ordinario di Fisica Sperimentale all’Università di Padova, Paolo Villoresi, responsabile tecnico del progetto.   IMG-20250619-WA0014 IMG-20250619-WA0017 IMG-20250619-WA0023 IMG-20250619-WA0007 VenQCI (Veneto Quantum Communication Infrastructure) è una rete di comunicazione all’avanguardia, che garantisce uno scambio sicuro e inviolabile di dati tra istituzioni, aziende e cittadini.  Si tratta, inoltre, della prima  rete quantistica in produzione a livello regionale in Italia ed è stata progettata e realizzata da Regione del Veneto, CAV – Concessioni Autostradali Venete e Università degli Studi di Padova, ed è già attiva tra le province di Padova e Venezia con l’obiettivo  di rafforzare la sicurezza e l’affidabilità delle comunicazioni digitali. VenQCI si basa, infatti, su tecnologie che sfruttano i principi della meccanica quantistica per generare e distribuire chiavi crittografiche in grado di proteggere le comunicazioni da qualsiasi tentativo di intercettazione o manomissione. Mentre le reti tradizionali, anche se cifrate, potrebbero essere vulnerabili nel lungo periodo a causa dell’evoluzione della potenza di calcolo, le chiavi quantistiche garantiscono una protezione intrinseca, poiché qualsiasi tentativo di accesso illecito altera irrimediabilmente i dati, rendendo evidente l’attacco. La rete è composta da cinque nodi quantistici distribuiti su un’area di circa 40 chilometri tra le province di Padova e Venezia: – VEGA – sede della Regione del Veneto – Sede CAV di Marghera – Casello autostradale di Padova Est – Centro VSIX – Università di Padova – Centro QuTech – Università di Padova Ogni nodo è dotato di dispositivi per la generazione e lo scambio di chiavi quantistiche, già integrati con sistemi di cifratura del traffico su reti Layer 2 / 100GE, rendendo la rete operativa e pronta all’uso. “Il progetto è solo all’inizio: i prossimi sviluppi prevedono l’estensione della rete quantistica a tutto il territorio regionale, con l’obiettivo di elevare i livelli di cybersicurezza in tutti i settori strategici – ha sottolineato Calzavara -. Va ricordsto che questo progetto affonda le sue radici nella strategia di innovazione regionale avviata nel 2022 con il Tavolo di partenariato per il PNRR, che individuava nella rete quantistica veneta uno dei 16 progetti chiave per costruire il ‘Veneto del futuro’. Pur in assenza di fondi nazionali, la Regione ha scelto comunque di investire in questa iniziativa, confermandone il carattere prioritario in un contesto in cui la sicurezza digitale è sempre più cruciale per la pubblica amministrazione come per le imprese e i cittadini”.

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“L’interazione tra l’uomo e i modelli virtuali”: il Recap dell’evento

Il 12 giugno, a partire dalle 14:30, si è svolto nell’Aula KE del DEI il seminario “L’interazione tra uomo e i modelli virtuali”, un’iniziativa congiunta di divulgazione scientifica nell’ambito del progetto “Modelli”, organizzato dal team di Terza Missione di diversi dipartimenti dell’Università di Padova: il Dipartimento di Fisica e Astronomia G. Galilei (DFA), il Dipartimento di Ingegneria Industriale (DII), il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI), e il Centro di Ateneo per i Musei (CAM). Dopo i saluti istituzionali di Gaudenzio Meneghesso, Direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e l’intervento di Flavio Seno, Direttore del Dipartimento di Fisica e Astronomia, ha preso la parola Alberto Benato, responsabile della Terza Missione del DII. Benato, tra gli artefici dei seminari “Modelli”, ha illustrato il ciclo di seminari, iniziato il 16 maggio e in programma fino a novembre. Ha sottolineato che l’iniziativa, un’opera complessa che approfondisce il tema dei modelli e il loro impiego in vari contesti, ha l’obiettivo di rendere accessibile al pubblico ciò che viene sviluppato nei Dipartimenti di Ingegneria Industriale, Ingegneria delle Informazioni e Fisica e Astronomia. Ma cosa sono i Modelli Virtuali? Mattia Veronese, responsabile di Terza Missione del DEI, l’ha spiegato nel suo intervento, per poi introdurre due esempi rappresentativi del potere dirompente dei modelli virtuali che oggi abbiamo dentro la nostra università: il Laboratorio Simulatori di Guida Dinamici e il Centro di Sonologia Computazionale. Le tecnologie digitali sono ormai una parte integrante della nostra quotidianità, a ogni età e in ogni contesto: dal lavoro alla sfera personale, fino alla gestione domestica, sono presenti 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Dietro queste tecnologie vi sono innumerevoli modelli virtuali. Che si tratti di simulazioni complesse, avatar digitali o ambienti di realtà aumentata e virtuale, questi modelli virtuali stanno ridefinendo il modo in cui impariamo, lavoriamo, ci relazioniamo e percepiamo la realtà stessa. Pensiamo a Google Maps, un esempio rappresentativo di modello virtuale. Non è una raffigurazione fisica del mondo, ma una ricostruzione digitale interattiva che simula la realtà, offrendo un’esperienza dinamica che va ben oltre una semplice rappresentazione.   IMG_4376 20250612_170432 IMG_4469 IMG_4442 20250612_175006 20250612_174330 20250612_174150 20250612_173534 20250612_170019 20250612_175601   Il modello virtuale ci permette, infatti, di simulare la realtà in modo immersivo senza dover costruire oggetti fisici, evidenziando criticità e vincoli che nella vita reale potrebbero sfuggirci, ma che potrebbero verificarsi. In pratica, possiamo usare approssimazioni numeriche per fare previsioni e costruire un futuro in cui i modelli virtuali migliorino costantemente la nostra comprensione del mondo. Mattia Bruschetta, PhD del DEI, ha poi parlato dei simulatori dinamici, spiegando come il modello si trasformi in un ambiente interattivo. Questo ambiente “vive” grazie alle decisioni e alle reazioni del guidatore, e questa dinamica, come ha evidenziato, può migliorare notevolmente lo sviluppo dei veicoli, perfezionare i protocolli di test e aumentare la sicurezza stradale, ponendo sempre il guidatore al centro dell’esperienza simulata. A seguire, il seminario di Sergio Canazza, professore associato di Informatica del DEI e direttore del CSC (Centro di Sonologia Computazionale), che ha fatto riflettere sull’evoluzione della figura del musicista nell’era dell’intelligenza artificiale, con cenni all’intreccio di saperi, tra musica e ingegneria dell’informazione. Le opere musicali del Centro di Sonologia Computazionale del DEl utilizzano da sempre modelli virtuali del suono,modelli per il restauro delle installazioni artistiche e modelli fisici di manufatti musicali antichi attraverso ricostruzioni 3D in grado di riprodurre il suono. Al termine dei seminari è stato possibile visitare i laboratori di Simulatori di Guida Dinamici e il Centro di Sonologia Computazionale, eccezionalmente aperti al pubblico per l’occasione, concludendo questa bella iniziativa di riflessioni e scoperte sull’interazione tra l’uomo e i modelli virtuali.     Finanziato dal bando dell’Università di Padova che incentiva progetti per lo sviluppo di attività di Terza Missione e Scienza Aperta, il progetto “Modelli” è stato proposto dal Dipartimento di Fisica e Astronomia, in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Industriale, il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, e il Centro di Ateneo per i Musei, con il sostegno di numerosi partner esterni.  

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Il contributo del DEI al progetto “Modelli. Un viaggio attraverso le discipline e le culture”

Il progetto di Terza Missione “Modelli. Un viaggio attraverso le discipline e le culture”, che vede come capofila il Dipartimento di Fisica e Astronomia (DFA) e che, a partire dal 7 maggio ospita al Museo Giovanni Poleni una mostra dedicata proprio al tema del modelli fisici e virtuali nella scienza, si arricchisce del contributo del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI). Oltre a partecipare ai seminari organizzati dal Dipartimento di Ingegneria Industriale (DII), il DEI offre un apporto originale allo spettacolo teatrale “Caravanserraglio” ideato sempre all’interno del DFA ma che viene arricchito di un lato tecnico-ingegneristico. Questo spettacolo è frutto di un gruppo di lavoro composto da dottorandi e membri della comunità locale di diverse provenienze geografiche e culturali, ed è nato all’interno del progetto di Terza Missione 2022 “Scienza dal mondo islamico all’Europa di oggi” del Dipartimento di Fisica e Astronomia. Protagonista dello spettacolo è l’Astrolabio, modello dell’universo tolemaico e simbolo dello scambio culturale attraverso i secoli che, grazie alle nuove tecnologie di produzione del suono, diventa uno strumento narrativo e musicale innovativo, una vera e propria opera d’arte autonoma, in grado di generare suoni.  Il CSC (Centro di Sonologia Computazionale)  ha quindi dotato di sensori una copia dell’astrolabio in modo da consentire un dialogo performativo e un’interazione con gli attori. Ad aprire ogni rappresentazione, ci sarà il preludio “Modelli del suono: il ‘nuovo’ musicista”, curato da Sergio Canazza (professore associato di Informatica del DEI) e dal team del Centro di Sonologia Computazionale (CSC). Questa performance offrirà una riflessione sull’evoluzione della figura del musicista nell’era dell’intelligenza artificiale. Portato in scena dalla compagnia TAM teatromusica, lo spettacolo sarà rappresentato in diversi luoghi di Padova, con un’attenzione particolare ai quartieri caratterizzati dalla pluralità culturale, etnica e religiosa. La prima dello spettacolo si terrà al Teatro San Carlo, quartiere Arcella (via Pietro Giovanni Guarneri 22, Padova), il 17 ottobre 2025 alle ore 21:00. Per maggiori informazioni sul progetto: https://www.dfa.unipd.it/terza-missione/modelli/ Per prenotazioni spettacolo (prossima apertura): https://www.eventbrite.it/o/progetto-modelli-109283016471 Il CSC al lavoro per la produzione dello spettacolo “Caravanserraglio”: Modelli – study Modelli – test   Finanziato dal bando dell’Università di Padova che incentiva progetti per lo sviluppo di attività di Terza Missione e Scienza Aperta, il progetto “Modelli” è stato proposto dal Dipartimento di Fisica e Astronomia, in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Industriale, il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, e il Centro di Ateneo per i Musei, con il sostegno di numerosi partner esterni.  

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Rivoluzione nel rilevamento: le reti ottiche diventano sensori globali

Il nostro pianeta è avvolto da una rete di miliardi di chilometri di fibra ottica, attraverso la quale viene trasmessa tutta l’informazione che viaggia su Internet. Una buona parte di questa rete è posata sul fondo di mari ed oceani, ambienti decisamente inaccessibili. Immagina adesso che questa enorme rete globale in fibra ottica, quella che usiamo per internet, possa diventare anche un sensore super potente per monitorare il pianeta. È proprio quello che il progetto ECSTATIC vuole realizzare! L’idea è di sfruttare le reti di comunicazione ottiche esistenti per rilevare terremoti, tsunami, vibrazioni di infrastrutture, come ad esempio il cedimento dei ponti, e molto altro, tutto in tempo reale. In pratica, trasformare l’enorme quantità di dati che queste reti producono, in informazioni utili per la sicurezza e il monitoraggio ambientale. Com’è possibile tutto ciò? Il progetto ECSTATIC, che per l’Università di Padova è coordinato dal prof. Luca Palmieri, professore ordinario di  Campi Elettromagnetici, svilupperà nuove tecnologie di rilevamento basate su luce, combinate con l’intelligenza artificiale, per analizzare le vibrazioni e i cambiamenti nel segnale delle fibre ottiche, con una precisione e capillarità mai vista prima. I vantaggi sono enormi. Innanzitutto, le reti di fibra ottica coprono già gran parte del pianeta, quindi avremo un sistema di monitoraggio distribuito su scala globale, anche in ambienti difficilmente raggiungibili da altre tecnologie, come quello sottomarino. Altro vantaggio: l’analisi dei dati avviene in tempo reale, permettendo di agire rapidamente in caso di emergenze. Inoltre, l’utilizzo delle infrastrutture esistenti è molto vantaggioso in termini economici, perché non occorre costruire nuovi sistemi di rilevamento. «Per immaginare l’enorme potenzialità di monitoraggio ambientale della fibra ottica – afferma Luca Palmieri, del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) e a capo del team del DEI che si occupa del progetto, – basti pensare che, con i sistemi di interrogazione sviluppati in ECSTATIC, venti chilometri di fibra sono come avere una sequenza di due mila microfoni, uno ogni dieci metri, per cui è anche possibile localizzare un’eventuale anomalia e intervenire puntualmente». In sintesi, ECSTATIC vuole trasformare le reti di comunicazione in un sistema di rilevamento globale standardizzato, offrendo nuove possibilità per la sicurezza, il monitoraggio ambientale e la gestione delle infrastrutture.

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A Padova si è concluso con successo il Workshop PXRNMS 2025

Dal 9 all’11 aprile 2025, Padova è stata il palcoscenico di un importante incontro internazionale patrocinato dall’Università di Padova e organizzato dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI), in collaborazione con il Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” (DFA): il Physics of X-Ray and Neutron Multilayer Structures – PXRNMS 2025. Questo workshop, dedicato alle tecnologie delle strutture multistrato per la fisica con raggi X e neutroni, ha visto riunirsi esperti da tutto il mondo. Fondata nel 1992 negli stati Uniti, la conferenza è ospitata ogni due anni da importanti istituzioni di ricerca nel settore. L’evento ha seguito l’edizione precedente, che si era svolta in Giappone nel 2023. Il workshop ha ospitato quaranta interventi scientifici, tra cui quello del plenary speaker Peter Böni (Technical University di Monaco di Baviera) e quelli degli invited speaker Matteo Altissimo (Sincrotrone Trieste), Patrice Bras (European Synchrotron Radiation Facility), Danielle Gurgew (Universities Space Research Association – Science and Technology Institute), Yves Ménesguen (CEA Saclay) e Dmitriy Voronov (Advanced Light Source – Lawrence Berkeley National Laboratory). Ad aprire i lavori con i saluti istituzionali è stato il Prorettore alla Ricerca, prof. Fabio Zwirner. Gli interventi hanno preso in esame la fisica dei film ottici multistrato su scala nanometrica, ottimizzati per varie applicazioni nei domini dell’estremo ultravioletto (EUV) e dei raggi X, e per l’ottica dei neutroni. «Tra le principali applicazioni, – spiega Maria Guglielmina Pelizzo, professore associato di Fisica Sperimentale della Materia e Applicazioni e Chair della conferenza – ci sono la fisica dei neutroni per lo studio dei materiali quantistici, come i superconduttori, e i materiali magnetici complessi, la fotolitografia EUV per la produzione di circuiti integrati, e le osservazioni astronomiche dallo spazio nell’estremo ultravioletto e nei raggi X, utili per monitorare l’attività solare e le tempeste geomagnetiche, per l’osservazione di plasmi caldi, supernovae e galassie». Il workshop ha richiamato più di ottanta scienziati di università ed enti di ricerca di tredici paesi e aziende esperte del settore; in particolare, hanno supportato l’evento gli Istituti di Fotonica e Nanotecnologie e di Officina dei Materiali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IFN e CNR-IOM), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e le aziende Zeiss, optiXfab e Rigaku. PXRNMS2025_SB_01_-19 PXRNMS2025_SB_01_-24 PXRNMS2025_SB_01_-33 PXRNMS_2025_SB_02-119 PXRNMS_2025_SB_02-016 PXRNMS_2025_SB_02-001 IMG_3486 IMG_2596 PGH50022 PGH59895 Load More End of Content.

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Wi-Fi Attacks! 

Da diversi anni ormai, il Wi-Fi è diventato una parte essenziale della nostra vita. Dalla nostra casa agli spazi pubblici, fino al luogo di lavoro, le reti wireless ci permettono di rimanere sempre connessi. La comunicazione wireless (letteralmente “senza fili”) avviene attraverso l’aria, o meglio, le onde radio.  Ma quanto sono sicuri i nostri dispositivi Wi-Fi per la trasmissione dei dati? Specifichiamo: non stiamo parlando di sicurezza relativa alla cybersecurity, per proteggerci, per esempio, contro gli intrusi che vogliono entrare nella nostra rete Wi-Fi per rubarci i dati sensibili. Stiamo parlando di sicurezza a livello fisico, ovvero quella dei dispositivi. Eh sì, anche i dispositivi connessi tra loro via wireless possono venire attaccati per distruggere la trasmissione dei dati che stanno comunicando. E c’è chi dimostra scientificamente la loro vulnerabilità. Una di queste persone è Francesca Meneghello, Ingegnere delle Telecomunicazioni del DEI. La ricerca che sta portando avanti in collaborazione con i ricercatori del CNIT/Università di Brescia, del Politecnico di Milano, della Northeastern University (Boston, USA) e Michele Rossi, professore ordinario in Telecomunicazioni al DEI, riguarda la tecnologia MIMO, acronimo di Multiple Input Multiple Output. Questa tecnologia consente di incrementare la velocità di trasferimento dei dati senza richiedere un aumento della banda di trasmissione: il segnale viene emesso da diverse antenne trasmittenti e, sfruttando le riflessioni generate da pareti e altri elementi presenti nell’ambiente, raggiunge l’antenna ricevente attraverso percorsi multipli con lievi differenze temporali e spaziali, creando così flussi di dati simultanei che trasportano una quantità maggiore di informazioni rispetto a un singolo flusso convenzionale. E questo è fondamentale se vogliamo usare contemporaneamente cellulare, laptop, smart TV, o tablet senza che i dati in ingresso e in uscita rallentino o creino congestioni come in un ingorgo stradale. «Tuttavia, −  spiega Meneghello − per velocizzare la procedura di trasferimento dei dati di controllo nei sistemi Wi-Fi, alcuni di questi dati vengono trasmessi non criptati. Infatti, se questi dati di controllo venissero criptati, sarebbe difficile garantire un aggiornamento costante degli stessi (ogni circa 10 millisecondi) necessario per trasmettere dati tramite la tecnologia MIMO». Ed ecco che un normale dispositivo Wi-Fi ma malevolo (o “attaccante”), può distruggere tutte le trasmissioni del sistema Wi-Fi. Come agisce? «Prima “cattura” i dati di controllo trasmessi dagli altri dispositivi (i dati non criptati) e, conoscendo come l’access point crea i diversi flussi di trasmissione dato che è definito nello standard, – continua Meneghello – crea dei dati di controllo ad hoc che generano interferenza per gli altri dispositivi legittimi».  A quel punto, tutti i dispositivi ricevono un messaggio rivolto a loro ma anche altri messaggi non rivolti a loro. In pratica, è come se in una stanza ci fossero tante persone e tutte parlassero contemporaneamente con lo stesso volume di voce. Il dispositivo malevolo – implementato dai ricercatori modificando il funzionamento di un dispositivo Wi-Fi commerciale – comunica i dati di controllo errati in una modalità da farli sembrare corretti. Il router continua a trasmettere “senza accorgersene” ma, in realtà, la trasmissione non avviene. «Si dovrà trovare un modo per evitare questo tipo di attacco senza andare ad appesantire la procedura di scambio di dati di controllo» – conclude Meneghello.  La ricerca che dimostra la vulnerabilità dei sistemi Wi-Fi è particolarmente innovativa, tanto che il paper redatto da Francesca Meneghello ha vinto il “Best Paper Award” che sarà consegnato durante l’IEEE International Conference on Computer Communications (INFOCOM, Londra – UK, 19-22 maggio 2025). (v. la nostra precedente news qui). Note di approfondimento: Link all’elenco dei paper che saranno presentati alla all’IEEE International Conference on Computer Communications. Paper n. 74, “How to BREAK MU-MIMO Precoding in IEEE 802.11 Wi-Fi Networks”.Francesca Meneghello (University of Padova, Italy); Francesco Gringoli (CNIT/University of Brescia, Italy); Marco Cominelli (Politecnico di Milano, Italy); Michele Rossi (University of Padova, Italy); Francesco Restuccia (Northeastern University, USA).

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“Ad Astra: Navigazione con mega-costellazioni di satelliti LEO”: il recap dell’evento

Un’aula gremita di studenti quella del DEI/G per l’ospite d’eccezione – il prof. Zak Kassas – che lo scorso 26 marzo dalle 12:30 ha tenuto una “Distinguished Lecture” sugli esperimenti di navigazione in assenza di GNSS (Global Navigation Satellite System, acronimo di sistema satellitare globale di navigazione) e l’utilizzo del segnale proveniente da satelliti commerciali a banda larga in orbita terrestre bassa (acronimo: LEO).  Per chi non conoscesse il lavoro accademico del prof. Kassas (o non avesse letto la sua biografia che riportiamo alla fine di questo articolo), basti dire che quest’anno ha ricevuto dall’ex Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il Presidential Early Career Award for Scientists and Engineers (PECASE), il più alto riconoscimento conferito dal governo degli Stati Uniti a scienziati e ingegneri che si sono distinti all’inizio della loro carriera. Il tema dei satelliti LEO è di grande attualità. Questi satelliti – stiamo parlando di decine di migliaia di satelliti in orbita per la fine del decennio – non stanno solamente rivoluzionando il mondo delle telecomunicazioni, ma lo stanno trasformando. Quali sono le sfide tecnologiche associate all’utilizzo di questi satelliti? Come possono essere utilizzati per il posizionamento, la navigazione e la temporizzazione (PNT) nel caso in cui i segnali del sistema satellitare di navigazione globale (GNSS) diventino non disponibili o non affidabili, per interferenze di vario tipo, naturali o malevole? Il prof. Kassas ha spiegato gli approcci sperimentali e pratici più all’avanguardia a livello mondiale, fornendo indicazioni sulla direzione della ricerca futura e sulle sfide ingegneristiche da risolvere per implementare la tecnologia satellitare, catturando l’attenzione di tutti i numerosi presenti. Un bel successo, dunque, l’aver ospitato nella nostra università il prof. Kassas, grazie, in particolare, al prof. Nicola Laurenti e grazie all’IEEE Aerospace and Electronic Systems, che ha patrocinato l’evento. Biografia Il Prof. Zak Kassas, classe 1978, è titolare della cattedra di “Intelligent Transportation Systems” presso il TRC (Transportation Research Center) e professore presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Informatica dell’Università Statale dell’Ohio (OSU). È direttore del Laboratorio Autonomous Systems Perception, Intelligence, and Navigation (ASPIN). È anche direttore di CARMEN (Center for Automated Vehicle Research with Multimodal AssurEd Navigation) del Centro del Dipartimento dei Trasporti degli Stati Uniti, focalizzato sulla resilienza della navigazione e sulla sicurezza dei sistemi di trasporto altamente automatizzati.Ha ricevuto dal Presidente Biden nel 2025 il Presidential Early Career Award for Scientists and Engineers (PECASE). È un Fellow dell’IEEE, un Fellow dell’Institute of Navigation (ION) e un Distinguished Lecturer dell’IEEE Aerospace & Electronic Systems Society e dell’IEEE Intelligent Transportation Systems Society. Nel 2024 è stato nominato da ScholarGPS come il miglior studioso al mondo nel campo della navigazione. È autore di oltre 200 articoli di riviste e conferenze sottoposti a revisione paritaria, 12 articoli di riviste, 3 capitoli di libri e 24 brevetti statunitensi. I suoi premi includono il National Science Foundation (NSF) CAREER award, l’Office of Naval Research (ONR) Young Investigator Program (YIP) award, l’Air Force Office of Scientific Research (AFOSR) YIP award, l’IEEE Walter Fried Award, l’ION Samuel Burka Award, l’ION Col. Thomas Thurlow Award e l’IEEE Harry Rowe Mimno Award. I suoi studenti hanno vinto diversi premi, tra cui tre Best Ph.D. Dissertation award (da IEEE, ION, OSU); due US DOT Graduate Student of the Year award e oltre 35 premi per i migliori paper, student paper e paper presentation award.Dopo l’esperienza all’Università della California, Riverside, è stato professore associato presso l’Università della California, Irvine; in seguito, è stato promosso professore ordinario e dal 2022 lavora all’Università Statale dell’Ohio (OSU). Dal 2014, la sua ricerca ha ottenuto più di 27 milioni di dollari in finanziamenti federali (ONR, NSF, AFOSR, DOT, NASA, NIST, Sandia National Laboratories, Aerospace Corporation, tra gli altri) ed è stata presentata in decine di organi di stampa nazionali e internazionali (Science, BBC, Forbes, IEEE, ACM, Ars Technica, MIT Technology Review… finendo più volte anche in copertina). Ha tenuto oltre 120 presentazioni su invito e ha lavorato come esperto in materia per DOD, GAO, DOT e NSF.

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Premio Alumni Awards Elvira Poli a quattro Alumnae ingegnere

Il 10 marzo dalle ore 16:30, presso l’Aula Magna di Ingegneria, si è svolto l’evento “Parità di Genere nell’ingegneria: ieri, oggi e domani”, promosso dall’Università di Padova, dalla sua Associazione Alumni e dalla Scuola di Ingegneria. L’occasione, nell’ambito dell’iniziativa “8 marzo diffuso”, è stata la consegna dell’Alumni Awards – Premio Elvira Poli, in onore della prima donna laureata in Ingegneria dell’Ateneo. Questo riconoscimento è stato istituito dall’Associazione Alumni nell’ambito degli Alumni Awards per premiare le migliori laureate in ingegneria dell’Università di Padova dell’anno, distintesi per l’impegno verso il tema della parità di genere durante la loro carriera accademica e lavorativa. Hanno ricevuto il premio quattro ex studentesse: Laura Bettiol, Laureata Magistrale in Ingegneria Aerospaziale; Elisa Castagna, Laureata Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria Edile-Architettura; Stefania Guerra, Laurea Magistrale in Bioingegneria e Adelaide Raia, Laureata Magistrale in Ingegneria Gestionale. Il professor Andrea Gerosa, presidente della Scuola di Ingegneria, introducendo la premiazione, ha sottolineato l’importanza di eventi come questo, che evidenziano storie di successo di donne laureate in ingegneria per fornire esempi positivi alle ragazze che ancora sono condizionate dagli stereotipi di genere. Favorire l’inclusione delle donne nello studio dell’ingegneria è necessario per una maggiore apertura alla diversità di approcci, ai punti di vista e alla sensibilità, per evolversi e affrontare le sfide di un futuro che richiede la competenza di tutti. «In Italia solamente il 18% degli Ingegneri è donna e la percentuale di donne laureate in ingegneria rispetto al totale delle laureate è del 19,1%”, posizionando il nostro Paese al penultimo posto in Europa: questo è il dato più drammatico che dobbiamo combattere». –  ha continuato Gianni dal Pozzo, presidente dell’Associazione Alumni. L’intervento della professoressa Francesca Maria Susin, coordinatrice della Commissione per le pari opportunità e la parità di genere della Scuola di ingegneria dell’Università di Padova, ha sottolineato diversi aspetti sulla disparità di genere, a partire dai dati raccolti sulla comunità studentesca universitaria. Nonostante l’incremento di studentesse nei corsi di laurea in ingegneria, i dati in percentuale mostrano che la presenza maschile rimane nettamente predominante. Tuttavia, vi è una maggiore consapevolezza sull’importanza della presenza della componente femminile per ridefinire i confini di una professione ingegneristica inclusiva e paritaria, per accelerare il progresso, non solo tecnologico, ma anche umano. A conclusione dell’evento, le quattro Alumnae premiate hanno raccontato la loro esperienza professionale. Tutte sono state felicissime non solo per il riconoscimento ottenuto, ma per aver partecipato a questa iniziativa di sensibilizzazione sulla professione di ingegnera, per favorire l’inclusione delle donne nelle Università di Ingegneria e nelle professioni ingegneristiche. foto gi gruppo gruppo 2 sala speakers S.Guerra sala 2

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Presente e futuro delle tecnologie solari a Bressanone 

Il 13 febbraio scorso, presso la sede dell’Università di Padova a Bressanone (BZ), si è tenuta la conferenza “Presente e futuro delle Tecnologie solari”, rivolta a professionisti, ricercatori e studenti. Attraverso i contributi di relatori dell’Università di Padova, dell’Università di Palermo, dell’Enea, del CNR, dell’Eurac Research e dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), i partecipanti hanno potuto approfondire gli aspetti tecnici relativi alle tecnologie all’avanguardia del fotovoltaico e del solare termico. Inoltre, l’evento ha offerto un momento di dialogo e di networking per discutere le potenzialità delle energie rinnovabili per la transizione energetica del nostro Paese. «Un’occasione unica per esplorare le nuove frontiere del solare, settore cardine della transizione verso un’economia sostenibile – ha riferito Matteo Meneghini, professore ordinario di Elettronica presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) dell’Università di Padova, organizzatore dell’evento -. Con la crescente necessità di soluzioni energetiche pulite, i temi trattati sono rilevanti sia per gli addetti ai lavori sia per il pubblico generale, interessato a comprendere l’evoluzione delle tecnologie alimentate da energie rinnovabili». La conferenza, organizzata nel contesto del progetto PNRR NEST, ha avuto luogo durante la International Winter School “Materials and technologies for solar energy: photovoltaics and thermal solar” tenutasi dal 10 al 14 febbraio a Bressanone, nel corso della quale studenti e ricercatori, selezionati dal comitato scientifico, hanno presentato la propria attività di ricerca. Tra questi, Irene Motta del Dipartimento di Scienze Chimiche (DiSC) dell’Università di Padova, ha ricevuto il premio Best Presentation Award.     Approfondimenti: Programma dell’evento Fondazione NEST IMG_5109 IMG_3532 IMG_5043 IMG_4120 IMG_3680 IMG_3787 IMG_4584 IMG_3499

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GREENEDGE, Progetto Marie Curie Action premiato come “storia di successo” dalla UE

L’energia richiesta dall’Intelligenza Artificiale sta aumentando in modo esponenziale, generando una grande preoccupazione per la sua sostenibilità ambientale. Ciò rende impellente la creazione di algoritmi più efficienti, hardware dal consumo più basso, uso prioritario di energie rinnovabili: il progetto GREENEDGE apporta un valido contributo alla risoluzione di queste tematiche. GREENEDGE è un progetto MSCA (Marie Skłodowska-Curie Action) International Training Network coordinato dall’Università di Padova e finanziato dalla UE nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020. Recentemente, GREENEDGE è stato premiato come “storia di successo” dalla Commissione Europea: un importante traguardo, riconosciuto sia per l’azione di efficientamento energetico di tecnologie ICT, sia per la formazione di giovani scienziati esperti in tecnologie informatiche sostenibili. In pratica, un perfetto esempio dello slogan del programma MSCA: “Developing talents, advancing research”. Il coordinatore di questo progetto, Michele Rossi, professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI) dell’Università di Padova, afferma: «Il progetto è nato dalla collaborazione decennale con rinomati centri di ricerca, come il CTTC di Barcellona, l’Università Cattolica di Lovanio (KU Leuven), l’Università di OULU e l’Imperial College di Londra. Oltre all’avanzamento tecnologico e alla formazione di giovani professionisti, il progetto si propone di lasciare un’impronta positiva sull’ambiente». «Nelle reti future, dove la comunicazione convivrà sempre più con il calcolo e l’elaborazione delle informazioni – continua Rossi − è prioritario studiare soluzioni a basso consumo energetico per abbattere la crescente impronta di carbonio». Ecco spiegato il termine “Green” che compare nel nome del progetto. Il termine “Edge,” riferito alla rete, rappresenta l’infrastruttura di comunicazione e di calcolo che connette dispositivi mobili (quali cellulari) o in posizioni remote e poco accessibili (quali sensori in una smart city) con la rete Internet. Il compito dell’edge è processare le informazioni direttamente alla fonte, il più vicino possibile al punto in cui vengono prodotte. «Ci proponiamo di minimizzare l’energia che consuma l’edge – afferma Rossi – cercando di ridurre i consumi energetici correlati alla trasmissione e all’elaborazione delle informazioni dei dispositivi che lo popolano. Questi obiettivi sono raggiungibili tramite nuovi algoritmi, l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, fino all’utilizzo di tecnologie e materiali innovativi. Per esempio, in un prossimo futuro, si prospetta la creazione di reti di sensori stampati con materiale organico e dunque biodegradabili, che possano essere installati su diverse superfici, quali vetri, muri ecc., ottenendo reti di sensori a impatto zero». Per raggiungere gli obiettivi del progetto GREENEDGE, sono stati individuati quindici giovani studenti e studentesse, a cui sono stati assegnati dei progetti individuali, con il focus condiviso di limitare il consumo energetico di algoritmi e di apparati per la comunicazione e il calcolo all’edge della rete. Questi giovani ricercatori hanno intrapreso un percorso di studi di prim’ordine, sfociato nella scrittura di una tesi di dottorato. Una intensa fase di training ha contemplato sei scuole organizzate in Belgio (Lovanio), Italia (Bressanone), Spagna (Barcellona), Francia (Parigi), Finlandia (Oulu) e Regno Unito (Londra), affrontando workshop e sessioni di formazione di stampo tecnico-scientifico e discipline trasversali, tra cui marketing e gestione di progetti, pensiero creativo, ricerca e innovazione responsabili, accesso aperto, integrità scientifica, innovazione di genere. In particolare, nella scuola estiva di Bressanone (organizzata fin dal 1952 dall’Università di Padova, di cui il prof. Rossi è stato direttore per otto anni), la sessione del 2022 è stata sviluppata proprio intorno al progetto GREENEDGE, tramite corsi monografici dedicati. «Al di là dell’aspetto tecnico e scientifico, abbiamo posto particolare attenzione all’educazione dei nostri studenti riguardo a molte tematiche trasversali e a alla comunicazione delle nostre iniziative e dei risultati ottenuti − afferma Rossi − per questo abbiamo accompagnato i nostri studenti e le studentesse in un percorso di crescita personale, offrendo loro una formazione dedicata con esperti di spicco in ambito internazionale». Per esempio, i ricercatori assunti dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova hanno completato la loro attività di studio tramite visite presso il Toshiba Research Europe Limited di Bristol (UK), l’Imperial College di Londra (UK) e l’Università di Saint Louis (USA). https://www.youtube.com/watch?v=RWet95hI4Y0   Nell’evento finale del progetto, tenutosi lo scorso settembre a Bol (Croazia), i ricercatori di GREENEDGE hanno presentato il loro lavoro in due sessioni poster, accogliendo la partecipazione di tutti gli iscritti all’evento IEEE SOftCOM che li ospitava. Successivamente, nel “Symposium on Green Networking and Computing”, sono stati presentati i lavori svolti dai vincitori del concorso che i ricercatori di GREENEDGE hanno preparato per studenti di laurea e dottorato di altre istituzioni e programmi. Nel video finale dell’evento, traspare la passione e l’entusiasmo degli studenti e delle studentesse partecipanti al progetto e la loro gratitudine per l’esperienza vissuta, arricchente sia sul piano scientifico che su quello personale. «Un progetto impegnativo da gestire – continua Rossi – perché ha coinvolto studenti e studentesse diversi per cultura e formazione, partner accademici e dell’industria di tutta Europa, ma anche un’esperienza meravigliosa, che ci ha dato grande soddisfazione. Non ultimo – conclude Rossi – il riconoscimento da parte della Commissione Europea come “storia di successo”».       Approfondimenti: Sito del progetto: https://greenedge-itn.eu/ GreenEdge su LinkedIn.   GreenEdge su YouTube. “Soluzioni ITC sostenibili per il nostro mondo connesso”, articolo sul sito ufficiale dell’Unione Europea, sezione “Tutte le storie di successo”. Il progetto su CORDIS, il sito del servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo. GreenEdge è un MSCA (Marie Skłodowska-Curie Action) International Training Network Alcuni articoli sulla stampa generalista online: OpenAI CEO Altman says at Davos future AI depends on energy breakthrough. 16.01.2024 Nei prossimi anni l’AI potrebbe consumare tanta energia quanto un’intera Nazione, Geopop, 11.03.2024 Il consumo energetico dell’AI è fuori controllo. Reece Rogers, Wired, 22.07.2024

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