di Valentina Berengo Il DEI3 è il contenitore dei progetti di Terza Missione del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione: si eleva alla terza potenza la capacità di docenti e studenti di incidere, con il loro operato, sul processo di conoscenza. L’Università è infatti chiamata a istruire e ricercare, ma anche a rendere noti i frutti di queste due prime (e primarie) missioni attraverso un’attività di divulgazione verso un pubblico ampio, non necessariamente formato, o, diversamente, orientato all’attività aziendale. L’ingegneria, più forse di altre discipline scientifiche, è vittima di un pregiudizio “di genere” che si è formato con l’affermarsi della civiltà industriale (e, sull’altro fronte, del Romanticismo) e che ha visto l’ideale dell’uomo rinascimentale frazionarsi in due: da una parte coloro che si occupano di cultura, dall’altra gli uomini e le donne di scienza e tecnica. Le chiamava le “due culture” Percy Snow nella sua lecture del 1959 al Senato dell’Università di Cambridge, e si diceva – giustamente – contrario alla schisi, ma evidenziava come oramai fosse impossibile non incappare nella serrata convinzione che la sapienza stesse da una parte solamente. Lui, fisico di formazione (aveva lavorato con Rutherford e Cavendish), e divenuto poi romanziere di successo, aveva accesso a entrambi i consessi ma riscontrava tra i suoi diretti conoscenti una sorta di rifiuto per la materia “degli altri”. Se voleva sapere dai fisici che libri avessero letto, quelli, senza troppo imbarazzo, ammettevano di aver provato a leggere Dickens come – dice – “se Dickens fosse uno scrittore straordinariamente esoterico”. E quando si provava a fare a quei letterati “che ridacchiano di compatimento allorché sentono dire di scienziati che non hanno mai letto un’opera fondamentale di letteratura inglese” la richiesta di spiegare cosa fosse il secondo principio della termodinamica, quello universalmente noto come principio dell’entropia, otteneva in cambio il silenzio. “Eppure” – spiegava davanti al pubblico l’autore – “chiedevo qualcosa che è pressappoco l’equivalente scientifico di: avete letto un’opera di Shakespeare?”. Pensiamoci su: oggi non è forse ancora così? Chi mai penserebbe di chiedere a un ingegnere ragione della direzione in cui procede il mondo? Eppure l’ingegnere ha contezza dell’esistente tanto quanto un filosofo, un antropologo o un letterato, in modo complementare, forse, ma altrettanto “colto”. I processi e gli schemi con cui analizza i fenomeni l’uomo di scienza sono altrettanto funzionali di quelli con cui lo fa l’uomo di lettere, e danno ragione del procedere del mondo oltre a spiegarci i meccanismi di base con cui un edificio sta in piedi, un cellulare sa dove siamo, un pianoforte può suonare da solo eccetera. Il DEI3 proprio questo vuole fare: trovare le strade per raccontare al pubblico quello che non sa. Cioè che l’ingegneria è molto vicina alla vita di tutti, anzi l’innerva proprio. Manchevolezza degli ingegneri, forse, è stata quello di non peritarsi a parlare davanti al pubblico, ma di restare nei laboratori, dietro ai computer, al limite nelle aule e nei consigli direttivi: a nostro modo, ora, noi vogliamo rimediare. Il primo progetto in questa direzione è la creazione di un palinsesto divulgativo di contenuti video e infografiche divise per aree quelle stesse aree tematiche che potremmo trovare sfogliando un tabloid, una rivista di approfondimento, elencando le rubriche della programmazione radio o tv: “Salute e ambiente”, “Arte e storia”, “Luce e stelle”, “Vita digitale”, “Robot e assistenti digitali”. Docenti e ricercatori del DEI invitano il fruitore a scoprire ciò che non sapeva, invitandolo proprio con questa frase: “Lo sapevi che…?” Dall’inquinamento generato dai cellulari al wi-fi, dalle auto a guida autonoma a quelle che rispondono agli impulsi cerebrali dell’autista, dall’allunaggio grazie al microchip a come vengono generati i suggerimenti di Netflix, dall’influenza dei satelliti nell’esito delle cose terrestri come le elezioni al funzionamento delle tecnologie immersive, il DEI3 vuole portare il suo pubblico – ampio e non necessariamente “preparato” – alla scoperta di un universo: quello che ci lega, tutti, anche se non lo sappiamo, all’ingegneria dell’informazione. Superando così le “due culture”.