L’intelligenza artificiale per la salute

Si è tenuta il 21 e il 22 marzo a Padova la conferenza Artificial Intelligence for Healthcare, un incontro al vertice della scienza: lo scopo dei relatori era infatti quello di esplorare il ruolo dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico nel settore sanitario e di discutere le opportunità e le sfide che queste tecnologie offrono alla medicina del futuro, sfatando i miti e le paure che questa locuzione, a volte, ingenera nella popolazione, più o meno istruita in merito. Chiar della conferenza sono stati Gaudenzio Meneghesso del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e Roberto Vettor del Dipartimento di Medicina, a riprova che le due anime della ricerca – quella medica e quella informatica – sono assolutamente complementari e che quando l’una materia si fa ancella dell’altra e viceversa, ciascuna può svilupparsi raggiungendo risultati all’avanguardia. Sono intervenuti, tra gli altri, Mihaela van der Schaar (Cambridge University), Alessandro Doria (Harvard Medical School) e Sebastian Ourselin (King’s College London) a mostrare come l’uso dell’intelligenza artificiale ben si applichi alla gestione dei dati sanitari, all’analisi delle immagini mediche, alla predizione precoce delle malattie e alla conseguente ottimizzazione delle strategie di prevenzione e di identificazione di terapie personalizzate. Al centro dell’evento, e di questo filone di ricerche, l’essere umano nella sua specificità: l’intelligenza artificiale può infatti essere istruita su database fatti di enormi moli di dati clinici, genetici, ambientali che rappresentano la popolazione in un campione davvero estesissimo. In questo senso si è reso necessario trattare anche problematiche di tipo etico e ragionare sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, che rappresenta, a oggi, uno dei principali elementi di discussione sui tavoli europei oltre che nazionali. Le questioni etiche, come la violazione della privacy della persona e le possibili discriminazioni che possono essere provocate dai sistemi di intelligenza artificiale, sollevano grandi perplessità sul costo sociale e personale richiesto da questa tecnologia. Pertanto l’etica dell’IA e la sua regolamentazione è diventata non solo un importante argomento di ricerca nel mondo accademico, ma anche un importante argomento di interesse comune per individui, organizzazioni, paesi e società. A questo proposito – spiega Meneghesso – esiste un documento della CE del 2022 intitolato “AI in Health care – applications risks ethical and social impact” che identifica e chiarisce i principali rischi clinici, sociali ed etici posti dall’AI nel settore sanitario, più specificamente: potenziali errori e danni ai pazienti; rischio di parzialità e aumento delle disuguaglianze sanitarie; mancanza di trasparenza e fiducia; vulnerabilità agli attacchi di hacking e alle violazioni della privacy dei dati. Lo studio propone misure di mitigazione e opzioni politiche per ridurre al minimo questi rischi e massimizzare i benefici dell’intelligenza artificiale medica, per esempio coinvolgendo le parti interessate durante tutto il ciclo di vita della produzione dell’intelligenza artificiale, assicurando maggiore trasparenza e tracciabilità, e producendo una convalida clinica approfondita degli strumenti in opera. “Con l’uso dell’ AI non stiamo solo migliorando la precisione delle cure mediche, ma incrementando anche l’efficienza degli studi clinici” chiosa Meneghesso e conclude: “Stiamo, insomma, rivoluzionando l’intero panorama sanitario”. WHFV_AI4H_Marzo24-076 WHFV_AI4H_Marzo24-086 WHFV_AI4H_Marzo24-093 WHFV_AI4H_Marzo24-099 WHFV_AI4H_Marzo24-107 WHFV_AI4H_Marzo24-114 WHFV_AI4H_Marzo24-142 WHFV_AI4H_Marzo24-160 WHFV_AI4H_Marzo24-172 WHFV_AI4H_Marzo24-178 WHFV_AI4H_Marzo24-193 WHFV_AI4H_Marzo24-216 Load More End of Content.

Read More

DEI3: E se… lo facesse qualcuno al posto mio?

Siamo ormai abituati a farci aiutare dal navigatore mentre guidiamo e dai sensori dell’auto quando parcheggiamo, ad aver un cellulare in tasca che ci geolocalizza, a fare la spesa con lo scontrino che si aggiorna da solo a mano a mano che avviciniamo un prodotto allo scanner di cui ci hanno dotato all’ingresso, a chiedere al computer che tempo fa… non è fantascienza: è la nostra vita. Quello che qualche anno fa sembrava il frutto della mente di uno sceneggiatore oggi non è solo realtà: è una realtà che si aggiorna così velocemente che non riusciamo a starci dietro. Viene in mente il film Her di Spike Jones con Joaquin Phoenix del 2013, in cui un uomo si innamora della voce del suo computer, un prototipo di intelligenza artificiale, che all’epoca ci sembrava una bella pensata romantica… e adesso, che conosciamo la potenza dell’AI, ci sembrerebbe una trama piuttosto scontata. Quello che va messo a fuoco è quanto pervasivo, duttile, capace di adattamento è il processo per cui molte delle nostre attività sono assistite da “sostituti umani”. E indovinate chi la fa da padrone nella loro ideazione, progettazione, affinamento? L’ingegneria dell’informazione. Ovviamente. Fatevi un viaggio attraverso le sue possibilità (studiate al DEI)! I contenuti Pettinare la sfera Come il robot ti aiuta sul lavoro? Il mondo visto da un robot Volare e registrare: i droni Guidare per finta? Cosa posso fare con il Wi-Fi? A parte connettermi a Internet! Vedere con le onde radio Il cuore nell’orologio: wear a bit Lo sapevi che è in corso la quarta rivoluzione industriale? E se a guidare fosse l’auto?

Read More

DEI3: Quando l’Ingegneria… contribuisce alla salute

La medicina e la scienza dell’ambiente sono materie che per ovvie ragioni condizionano la nostra vita in modo pervasivo: la salute prima di tutto, lo affermerebbe anche Maslow con la sua piramide dei bisogni. L’evoluzione di queste scienze, basate spesso sulla gestione di moli importanti di dati, può essere quindi agevolata e garantita dall’applicazione delle tecniche dell’ingegneria dell’informazione. L’ingegneria è infatti abituata alla schematizzazione del reale, attraverso la sua traduzione in modello, che non significa semplificare la complessità, e quindi impoverire la conoscenza, ma anzi la possibilità di gestire in modo informato e controllato i diversi aspetti di un fenomeno. L’ingegnere può così, per esempio, entrare nel merito del funzionamento del cervello, modellare i movimenti del corpo, addirittura tradurre la risposta di un elettroencefalogramma nella possibilità di guidare un mezzo, ma anche comprendere i fenomeni ambientali valutando i comportamenti degli elementi naturali e tradurli a proprio vantaggio. Tutto questo dovendo gestire opportunamente i dati, che, come sappiamo, sono il nuovo oro della contemporaneità. Ancora una volta una visione “olistica”, ossia integrata, della conoscenza e della sua trasformazione si dimostra arma vincente nell’approccio al progresso. Come “legge” il cervello l’ingegnere? Il computer può comunicare le emozioni? Misurare il tuo cammino ti migliora la vita Il salto: com’è fatto? Comandare un robot con il pensiero Perché lasciar usare i tuoi dati per orientare gli acquisti e non per preservare la salute pubblica? Come possiamo migliorare la raccolta dati negli studi clinici? Le cellule comunicano: l’informatica le ascolta I batteri sono ovunque: che fortuna! Quanto ci ammala l’inquinamento? Il cellulare inquina! I sassi camminano? La fibra ottica sotto il mare per ascoltare i terremoti Come si comunica sott’acqua? Anche i computer fanno le immersioni?

Read More

DEI3: Quando l’ingegneria è… Arte e Storia

Se si dovesse mettere un hashtag ai contenuti della ricerca ingegneristica, e in modo particolare dell’ingegneria dell’informazione, non si penserebbe come prima cosa ad #arte, #cultura, #storia e simili… e si sbaglierebbe di grosso. La cultura ingegneristica, infatti, affonda le sue radici nella Storia con la S maiuscola e l’oggetto dello studio dell’ingegneria dell’informazione trova applicazioni innovative, e fondamentali, anche in ambito umanistico, artistico, musicale ecc. Lo sapevate, per esempio, che Calvino, nella sua lezione americana sulla leggerezza, citava i bit ed era enormemente affascinato dalla loro “inconsistenza”? Scriveva: “Le macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bits senza peso”. Oppure: vi siete mai domandati in che modo la tecnologia possa influenzare la politica e gli eventi storici? Come l’intelligenza artificiale possa contribuire alla salvaguardia del patrimonio artistico, culturale, musicale? O addirittura, come ben sappiamo, generare arte, letteratura e altro? “La Natura non fa salti” scriveva Galileo, e in questo senso anche la produzione intellettuale in ambito scientifico-tecnologico è fortemente interconnessa con i fatti della Storia e della cultura e a sua volta li influenza. Ecco la playlist di contenuti: Dalla Leggerezza di Calvino Il transistor ci ha cambiato la vita Sulla luna con il microchip Dall’intuizione di un trend al boom dell’elettronica Piccolo è bello: la legge di Moore L’automazione industriale negli ultimi 30 anni Dalla medicina dell’Ottocento alle neuroimmagini Quanto è lungo un metro? Unità di lunghezza nella Storia Cosa sono gli standard musicali? Storia della registrazione sonora Da quando si registra la voce? Il restauro delle installazioni artistiche analogiche Intelligenza artificiale generativa: quando il computer diventa un artista Intelligenza artificiale: cos’è e da dove viene

Read More

Il DEI di nuovo sulla strada… di Cybathlon

Cybathlon è la prima competizione di neurorobotica dove team e piloti da tutto il mondo si sfidano con tecnologie all’avanguardia legate al mondo della disabilità e comprende otto diverse discipline che riflettono compiti comuni della vita di tutti i giorni. L’Università di Padova ha già partecipato, vincendo nel 2020, e di nuovo parteciperà quest’anno, nel 2024, nella sezione “Brain-Computer Interface Race” che rappresenta la disciplina più futuristica tra quelle presenti. Consiste nell’utilizzo di sistemi di Brain-Computer Interface (BCI) per il controllo di dispositivi robotici, per esempio carrozzine o braccia robotiche, in un ambiente virtuale. Nel caso di specie Francesco Bettella, dottorando del DEI e campione paralimpico di nuoto, pilota virtualmente una carrozzina attraverso la tecnologia BCI, appunto. Questa tecnologia permette di decodificare intenzioni specifiche dell’utente tramite le sue onde cerebrali: il pilota deve solo pensare un determinato compito mentale e, tramite la BCI, questo verrà tradotto in un comando per il dispositivo robotico. La BCI tecnicamente non “legge” i pensieri dell’utilizzatore, ma riesce a riconoscere quando, tramite un’immaginazione specifica, vengono attivate certe zone cerebrali e non altre. Si utilizza, infatti, una cuffia con elettrodi che registra l’attività elettrica generata da diverse aree della corteccia cerebrale e, sapendo che immaginare di muovere una parte del proprio corpo comporta l’attivazione di un’area specifica della corteccia cerebrale diversa a seconda della parte del corpo immaginata, è possibile costruire un decodificatore che permette di sapere quando una persona sta pensando di muovere, per esempio, la propria mano sinistra o la destra. Ogni volta che l’utilizzatore immaginerà uno dei compiti mentali prestabiliti, il decodificatore dirà al sistema: “La persona sta probabilmente pensando di muovere la propria mano destra o la sinistra”. In questo modo è poi possibile associare ai diversi compiti mentali altrettanti comandi per il dispositivo robotico: per esempio, è possibile fare in modo che l’immaginazione della mano destra corrisponda a un comando per far girare a destra una sedia a rotelle o viceversa nel caso di immaginazione della mano sinistra. “È così che posso controllare la direzione della sedia a rotelle durante la Brain-Computer Interface Race” spiega Bettella.   Il sistema tecnologico prevede anche un feedback visivo per il pilota: osservando la rappresentazione grafica del risultato della decodifica delle onde cerebrali fatto dal sistema BMI, l’utente può capire come le proprie onde cerebrali vengono decodificate e in caso adattarsi al decodificatore. Abbiamo quindi, da una parte un sistema di intelligenza artificiale che viene creato appositamente e aggiornato sulle base dei segnali cerebrali generati dalla persona, dall’altra l’intelligenza umana che è in grado di adeguarsi al sistema. Infine c’è il vero e proprio dispositivo robotico che il fruitore utilizza per muoversi (braccia per la manipolazione, sedie a rotelle, esoscheletri per la mobilità o idealmente anche un’automobile) che a sua volta può apprendere e adattarsi ai segnali cerebrali della persona. “Nello IASLab del DEI” spiega Luca Tonin, ricercatore, “studiamo proprio come realizzare questi dispositivi e ottimizzare le intelligenze artificiali che li comandano di modo da permettere, in un futuro, a chi mai avrebbe immaginato di potersi spostare autonomamente di farlo grazie alla propria sola volontà”. Per rendere questa tecnologia di uso comune ci sono però delle sfide da affrontare. Innanzitutto la robustezza del sistema. “La BCI deve funzionare in ogni condizione e, a questo riguardo, Cybathlon rappresenta una perfetta opportunità per testare la tecnologia al di fuori del laboratorio” aggiunge il ricercatore. Una seconda sfida riguarda riuscire a integrare al meglio la parte umana, il pilota, e la parte artificiale, la BCI, in modo che diventino un sistema unico. “La nostra squadra, il WHi team” chiosa “basa la sua ricerca sull’ipotesi che solo tramite l’apprendimento reciproco di essere umano e componente artificiale si possa raggiungere questo obiettivo”.  

Read More