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Gary Stager: il Futuro si scrive in codice: il recap dell’evento 

Il 5 maggi, presso lo SMACT Competence Center, il nostro dipartimento ha ospitato circa settanta tra docenti e dirigenti scolastici provenienti da tutto il Veneto e da diverse regioni italiane che, insieme a una quindicina di persone collegate online, hanno partecipato all’incontro con Gary Stager, esperto internazionale nel campo della formazione e figura di spicco del Costruzionismo, l’approccio pedagogico ideato da Seymour Papert del MIT. Questo evento formativo è stato organizzato dal prof. Emanuele Menegatti, nell’ambito delle iniziative di Terza Missione del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DEI), con il patrocinio dell’Università di Padova. L’incontro si è rivelato un’occasione preziosa per la condivisione di idee e riflessioni, permettendo ai partecipanti di riscoprire l’attualità del pensiero di Seymour Papert e di esaminare come le tecnologie possano trasformarsi in strumenti efficaci per un apprendimento autentico e creativo. Il fulcro del pomeriggio è stato un messaggio incisivo: contrariamente all’istruzionismo, basato su una trasmissione passiva di nozioni, il costruzionismo promuove un apprendimento attivo che va oltre il semplice “fare per capire”, incoraggiando a “inventare per imparare”. Questo approccio pedagogico pone gli studenti al centro del processo educativo, considerandoli costruttori attivi del proprio sapere, capaci di esplorare, creare e concretizzare le proprie idee. A seguire il seminario, un workshop pratico ha coinvolto una quarantina di docenti in un’esperienza diretta. Attraverso la fusione di coding e creatività, il laboratorio ha offerto spunti immediatamente applicabili nella pratica didattica quotidiana. L’iniziativa ha rappresentato anche un’importante opportunità per consolidare il dialogo tra scuola e università, in linea con gli obiettivi della Terza Missione: diffondere la ricerca al di fuori dell’ambito accademico, condividere competenze e costruire legami significativi con il territorio e la comunità educativa, al fine di sviluppare una visione condivisa di una scuola orientata al futuro. Stager_050525_-47 Stager_050525_-64 Stager_050525_-67 Stager_050525_-44 Stager_050525_-29 Stager_050525_-16 Stager_050525_-63 Stager_050525_-71 Stager_050525_-73

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Il DEI di nuovo sulla strada… di Cybathlon

Cybathlon è la prima competizione di neurorobotica dove team e piloti da tutto il mondo si sfidano con tecnologie all’avanguardia legate al mondo della disabilità e comprende otto diverse discipline che riflettono compiti comuni della vita di tutti i giorni. L’Università di Padova ha già partecipato, vincendo nel 2020, e di nuovo parteciperà quest’anno, nel 2024, nella sezione “Brain-Computer Interface Race” che rappresenta la disciplina più futuristica tra quelle presenti. Consiste nell’utilizzo di sistemi di Brain-Computer Interface (BCI) per il controllo di dispositivi robotici, per esempio carrozzine o braccia robotiche, in un ambiente virtuale. Nel caso di specie Francesco Bettella, dottorando del DEI e campione paralimpico di nuoto, pilota virtualmente una carrozzina attraverso la tecnologia BCI, appunto. Questa tecnologia permette di decodificare intenzioni specifiche dell’utente tramite le sue onde cerebrali: il pilota deve solo pensare un determinato compito mentale e, tramite la BCI, questo verrà tradotto in un comando per il dispositivo robotico. La BCI tecnicamente non “legge” i pensieri dell’utilizzatore, ma riesce a riconoscere quando, tramite un’immaginazione specifica, vengono attivate certe zone cerebrali e non altre. Si utilizza, infatti, una cuffia con elettrodi che registra l’attività elettrica generata da diverse aree della corteccia cerebrale e, sapendo che immaginare di muovere una parte del proprio corpo comporta l’attivazione di un’area specifica della corteccia cerebrale diversa a seconda della parte del corpo immaginata, è possibile costruire un decodificatore che permette di sapere quando una persona sta pensando di muovere, per esempio, la propria mano sinistra o la destra. Ogni volta che l’utilizzatore immaginerà uno dei compiti mentali prestabiliti, il decodificatore dirà al sistema: “La persona sta probabilmente pensando di muovere la propria mano destra o la sinistra”. In questo modo è poi possibile associare ai diversi compiti mentali altrettanti comandi per il dispositivo robotico: per esempio, è possibile fare in modo che l’immaginazione della mano destra corrisponda a un comando per far girare a destra una sedia a rotelle o viceversa nel caso di immaginazione della mano sinistra. “È così che posso controllare la direzione della sedia a rotelle durante la Brain-Computer Interface Race” spiega Bettella.   Il sistema tecnologico prevede anche un feedback visivo per il pilota: osservando la rappresentazione grafica del risultato della decodifica delle onde cerebrali fatto dal sistema BMI, l’utente può capire come le proprie onde cerebrali vengono decodificate e in caso adattarsi al decodificatore. Abbiamo quindi, da una parte un sistema di intelligenza artificiale che viene creato appositamente e aggiornato sulle base dei segnali cerebrali generati dalla persona, dall’altra l’intelligenza umana che è in grado di adeguarsi al sistema. Infine c’è il vero e proprio dispositivo robotico che il fruitore utilizza per muoversi (braccia per la manipolazione, sedie a rotelle, esoscheletri per la mobilità o idealmente anche un’automobile) che a sua volta può apprendere e adattarsi ai segnali cerebrali della persona. “Nello IASLab del DEI” spiega Luca Tonin, ricercatore, “studiamo proprio come realizzare questi dispositivi e ottimizzare le intelligenze artificiali che li comandano di modo da permettere, in un futuro, a chi mai avrebbe immaginato di potersi spostare autonomamente di farlo grazie alla propria sola volontà”. Per rendere questa tecnologia di uso comune ci sono però delle sfide da affrontare. Innanzitutto la robustezza del sistema. “La BCI deve funzionare in ogni condizione e, a questo riguardo, Cybathlon rappresenta una perfetta opportunità per testare la tecnologia al di fuori del laboratorio” aggiunge il ricercatore. Una seconda sfida riguarda riuscire a integrare al meglio la parte umana, il pilota, e la parte artificiale, la BCI, in modo che diventino un sistema unico. “La nostra squadra, il WHi team” chiosa “basa la sua ricerca sull’ipotesi che solo tramite l’apprendimento reciproco di essere umano e componente artificiale si possa raggiungere questo obiettivo”.  

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